PATOLOGIE

MALATTIE APPARATO LOCOMOTORE

Malattie Apparato Locomotore

Le numerose malattie dell’apparato locomotore sono caratterizzate da diverse cause. Alcune sono causate da posture scorrette, altre da traumi, altre sono di origine genetica e per altre le cause scatenanti sono ancora in parte sconosciute.

Le posture scorrette possono portare ai paramorfismi della colonna vertebrale, che alterano e deformano la struttura della colonna vertebrale.

I traumi possono provocare a livello delle ossa e delle articolazioni distorsioni e lussazioni, fratture e a livello muscolare contratture, stiramenti e strappi.

Tra le malattie dell’apparato locomotore di origine genetica sono la lussazione congenita dell’anca, il piede torto congenito e diverse tipologie di distrofie muscolari.

L’osteoporosi rientra tra le malattie la cui causa non è ben definita, anche se sono noti i fattori di rischio che ne possono favorire la comparsa.

Paramorfismi della colonna vertebrale

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORELa colonna vertebrale, vista di lato, presenta quattro curve caratteristiche. Partendo dall’alto distinguiamo:

1) lordosi cervicale, 2) cifosi dorsale, 3) lordosi lombare, 4) cifosi sacrale.

La lordosi presenta una concavità posteriore, mentre la cifosi è una curvatura a concavità anteriore. Sono proprio queste quattro curve alternate che permettono l’elasticità e la solidità della colonna vertebrale.

paramorfismi sono alterazioni della morfologia corporea normale spesso dovuti a posture errate che alterano la struttura e l’aspetto della colonna vertebrale, deformandola.

L’ipercifosi consiste in un aumento della curvatura della cifosi dorsale (dorso curvo o gobba). Il soggetto è curvo in avanti e il torace è incassato, mentre la muscolatura addominale è rilassata. Spesso è accompagnata da un aumento della lordosi lombare.

L’iperlordosi consiste in una accentuazione della normale curvatura della lordosi lombare (pancia in fuori). E’ una patologia molto più frequente nel sesso femminile a causa della diversa conformazione ossea e delle abitudini culturali (ad esempio tacchi alti). La normale lordosi lombare si accentua durante gli ultimi mesi di gravidanza.

La scoliosi si presenta come una deviazione laterale della colonna vertebrale. Con la scoliosi si formano una o più curve che alterano l’aspetto e la funzione della colonna e del tronco. Questa condizione, se non è accompagnata dalla rotazione dei corpi vertebrali, tende alla guarigione spontanea durante l’accrescimento e non necessita di trattamenti particolari salvo terapie fisiche adeguate e sport.

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Distorsione

Una distorsione è uno dei traumi di natura ortopedica più comuni e consiste in una lesione a carico di un’articolazione provocata da un movimento violento, improvviso ed imprevisto che forza le strutture dell’articolazione stessa oltre i limiti fisiologici e le impone un movimento esagerato ed anomalo.

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTOREUna distorsione determina una temporanea modificazione dell’articolazione, senza tuttavia comportare una perdita di contatto tra le superfici articolari come invece avviene nella lussazione.  Può provocare danni alla capsula articolare e ai legamenti, senza però essere accompagnata da rottura dell’osso; nella distorsione, a differenza della lussazione, le estremità articolari dopo il trauma ritornano al loro posto.

Si divide in 3 gradi:
Distorsione di primo grado.
Le distorsioni di primo grado comportano uno “stiramento” dei legamenti senza rottura. La caviglia si gonfia moderatamente senza procurare instabilità. Con una riabilitazione idonea il ritorno all’attività sportiva è possibile dopo una o due settimane.
Distorsione di secondo grado.
Una distorsione di secondo grado comporta una rottura parziale dei legamenti. E’ associata ad una tumefazione conseguente ad un sanguinamento dei tessuti della caviglia che ha subito i danni. Poiché si tratta di una rottura parziale, solamente una parte dei legamenti sarà danneggiata, lasciando la rimanente intatta, in maniera tale da mantenere la stabilità dell’articolazione. Il trattamento iniziale richiede ghiaccio, l’elevazione, la compressione, il riposo, seguito da un programma di riabilitazione.
Distorsioni di terzo grado.
PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORELe distorsioni di terzo grado sono le più gravi e comportano una rottura completa dei legamenti. La caviglia in conseguenza del trauma sarà instabile e dovrà essere trattata con un gesso o addirittura essere operata. Questo tipo di trauma necessita di un lungo programma di riabilitazione e può portare ad un esito d’instabilità della caviglia. Per ottenere risultati non solo migliori ma anche più sicuri spesso è necessario intervenire chirurgicamente e suturare i legamenti rotti.

La distorsione provoca un danno di gravità variabile alle componenti dell’articolazione, interessando la capsula articolare, i legamenti, i tendini e i menischi. I sintomi caratteristici sono gonfiore, dolore e sensazione di calore. Se si verifica un versamento nei tessuti circostanti puó comparire un ematoma.

Tutte le articolazioni del nostro corpo possono essere soggette ad un episodio di questo tipo, tuttavia le localizzazioni più frequenti sono quelle a carico del ginocchio, della spalla, del polso, del gomito, delle dita delle mani e soprattutto della caviglia. Questa distorsione, tipicamente nota con il nome di “storta”, si verifica quando si appoggia il piede in malo modo e con tutto il peso del corpo ci si appoggia alla caviglia che in quel momento non si trova in asse con la gamba.

Lussazione

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORELa lussazione o slogatura è un evento traumatico che causa la perdita dei rapporti reciproci tra i capi ossei in un’articolazione. Spesso, nelle lussazioni dovute ad eventi trumatici, lo slittamento delle due estremità ossee determina la rottura, almeno parziale, della capsula e dei legamenti che stabilizzano l’articolazione. Talvolta a tali lesioni si associano quelle della cartilagine articolare, dei vasi, delle ossa, della cute (lussazione esposta) e dei nervi.

Si distinguono lussazioni complete ed incomplete. Nel primo caso vi è una netta separazione tra le due superfici articolari, mentre nel secondo i capi ossei rimangono parzialmente in contatto tra di loro. Nella maggior parte dei casi per ridurre la lussazione è necessario un intervento esterno per riportare le ossa nella loro sede fisiologica.

Le lussazioni interessano più frequentemente la spalla (circa il 50% dei casi), il gomito, l’anca, le dita e la rotula.

Una lussazione si manifesta quando l’articolazione subisce un trauma o quando questa, durante un movimento, supera il limite della normale mobilità.

Le fratture

 La frattura consiste nella rottura di un osso, causata nella maggior parte dei casi da un trauma. Si distinguono vari tipi di fratture:

Composta o scomposta: le parti dell’osso fratturato combaciano (composta) oppure sono spostate e non combaciano (scomposta)

Chiusa o esposta: l’osso fratturato non ha leso la pelle (chiusa) oppure l’ha lacerata e la parte fratturata dell’osso è esposta all’aria, con elevato rischio di infezione (esposta)

Completa o incompleta: la frattura interessi tutto lo spessore dell’osso (frattura completa) o solo una parte (frattura incompleta o semplice infrazione ossea)

Semplice o multipla: in base al numero di frammenti ossei prodotti. Se la frattura origina due frammenti ossei ben distinti si definisce semplice. Se invece origina numerosi frammenti prende il nome di frattura multipla o pluriframmentale

Trasversa, obliqua, spiroide, longitudinale: in base al decorso e alla forma della rima di frattura (la fessura che separa i due frammenti ossei) una frattura è definita trasversa, se la rima di frattura è disposta ad angolo retto rispetto all’asse longitudinale dell’osso, obliqua quando la rima di frattura forma un angolo acuto rispetto all’asse longitudinale dell’osso (chiamate anche fratture a becco di flauto), longitudinale, se la rima di frattura è parallela all’asse dell’osso, e frattura spiroide se la rima di frattura compie un decorso a spirale lungo il segmento osseo, avvolgendosi intorno ad esso.

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Osteoporosi

L’osteoporosi è una malattia delle ossa che determina una progressiva diminuzione della massa minerale e un deterioramento del tessuto osseo. Come conseguenza si osserva un aumento della fragilità delle ossa e del rischio di fratture.

Le cause sono ancora in parte sconosciute, anche se alcuni fattori aumentano il rischio della comparsa di questa malattia:

– età avanzata
– sesso femminile
– abitudini di vita
– insufficiente apporto dietetico di calcio
– scarsa attività fisica
– fumo di sigaretta

Con l’invecchiamento il nostro organismo subisce una lenta perdita di minerali dalle ossa. Se questa perdita è eccessiva e la massa ossea scende al disotto di determinati livelli si può arrivare all’osteoporosi.

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORE
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Un momento critico per le donne arriva con la menopausa, tanto più se precoce o chirurgica. In assenza di precauzioni e di cure, spesso una donna di 70 anni – un’età che oggi non appare più tanto avanzata – si trova ad aver perso senza accorgersene il 30% e più della sua massa ossea. Se consideriamo che le donne hanno in partenza una massa ossea minore rispetto agli uomini, aggiungiamo gli effetti della menopausa e la maggior durata della vita, ecco la prima spiegazione del perché l’osteoporosi colpisce soprattutto le donne: 1 donna su 4 contro 1 uomo su 10.

Un regime dietetico povero di calcio, di latte e dei suoi derivati, favorisce una progressiva riduzione della densità ossea.

L’abuso di alcool determina un aumento del rischio di osteoporosi; l’eccesso di proteine , introdotte con la dieta, favorisce una maggior perdita di calcio con le urine e, infine, anche la vita sedentaria favorisce una progressiva riduzione della massa ossea.

L’osteoporosi è una malattia difficile da riconoscere: il più delle volte non dà nessun segno di sé e si manifesta improvvisamente, con una delle tipiche fratture “da fragilità ossea” dell’anziano: fratture di polso, coste, vertebre o femore a seguito di traumi anche molto lievi e banali.

Lussazione congenita dell’anca

La lussazione (o displasia) congenita dell’anca (LCA), è la patologia ortopedica più frequente nei neonati dopo il piede torto congenito. Colpisce soprattutto i soggetti di sesso femminile (il rapporto è di 4:1) ed è una patologia diffusa a livello mondiale. Si tratta di una deformità articolare che ha inizio durante la vita fetale del neonato e che si evolve durante i primi anni di vita. Le ossa del bacino perdono i rapporti normali con la testa del femore che quindi fuoriesce dalla sua sede naturale, la cavitá dell’acetabolo.

La causa principale della lussazione congenita dell’anca è dovuta ad una alterazione della conformazione dell’acetabolo, assimilabile ad una forma di “immaturità”.
Questa condizione è associata ad una collocazione poco ”profonda” della testa del femore o ad una perdita di contatto tra questa e la superficie dell’acetabolo.

Per i bambini colpiti da lussazione congenita dell’anca è necessario e fondamentale agire il più precocemente possibile.

Se non curata a dovere la LCA può degenerare in altre tipologie di disturbo fisico di natura muscolare e ossea e diventare un’invalidità permanente. Spesso gli interventi correttivi tardivi (effettuati dopo i quattro anni di età) non riescono ad ottenere risultati ottimali, determinando problemi nella deambulazione per tutta la vita.

La cura della lussazione congenita dell’anca varia in funzione della serietà del problema: in alcuni casi vale la pena di attendere, confidando nella maturazione naturale dell’articolazione. Il principio della cura, in sé, è semplice: divaricare le gambe in maniera che la testa del femore non “prema “, per effetto del tono muscolare, sulla zona superiore (il “tetto”) dell’acetabolo, cioè sulla parte dell’articolazione in ritardo di maturazione: diversamente si andrebbe incontro a una sofferenza della cartilagine, fino alla sua degenerazione (artrosi), con conseguenze devastanti per il bambino al momento della deambulazione. Se il difetto di ossificazione è minimo è sufficiente l’impiego di un doppio pannolino, che mantiene sufficientemente divaricate le gambe del bambino.

Se la situazione è più seria, invece, può rendersi necessario un tutore confezionato su misura, il divaricatore, costituito da una struttura rigida alla quale vengono assicurate, mediante  nastro di velcro, le gambe del piccolo. L’apparecchio gessato e l’intervento chirurgico sono invece le soluzioni estreme.

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Il piede torto congenito

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTOREIl piede torto congenito, detto anche piede equino-varo-supinato, è una deformità presente alla nascita che colpisce 1 neonato su 1.000, in prevalenza maschi.

Alla nascita i piedi appaiono ruotati verso l’interno, con le punte verso il basso, rigidi e deformati in una posizione scorretta su diversi piani. Il piede può essere
Addotto (la parte anteriore punta all’interno);
Varo (anche il tallone è piegato verso l’interno);
Supino (la pianta del piede è ruotata verso l’alto);
Cavo (il piede appare come “rotto” a metà sul lato interno);
Equino (la punta è rivolta verso il basso).

In base al tipo di deformità si parla di piede equino, piede varo, piede addotto, ma la forma più frequente, il piede equino-varo-supinato, che combina diverse deformazioni.

Nel piede equino si osserva il mancato appoggio completo della pianta del piede, il piede forma con la gamba un angolo più ampio dell’angolo retto. La patologia del varismo si distingue invece dal fatto che il piede ha una forma a parentesi, deviata verso l’interno. Nel piede equino-varo-supinato il piede è piegato verso l’interno e il basso.

La malformazione può essere bilaterale (entrambi i piedi) o monolaterale (un solo piede) e le cause non sono del tutto conosciute. Esistono forme congenite, neurologiche, muscolari. Spesso è ereditario, ma la sua probabilità è difficilmente valutabile, in quanto gli studi genetici non hanno confermato la familiarità ereditaria.

Per la cura del piede torto sono utilizzati diversi metodi: il più efficace è il metodo Ponseti, che attraverso la manipolazione del piede, l’applicazione di apparati gessati appositamente modellati già nelle prime settimane di vita del neonato e, ma non sempre attraverso un piccolo intervento chirurigico per ottenere l’allungamento del tendine di Achille, permette di avere una completa correzione in circa due mesi nel 99% dei casi, senza la necessità di ulteriori interventi chirurgici pericolosi e invasivi.

Il piede equino può essere diagnosticato precocemente attraverso l’ecografia morfologica, che si effetta di norma intorno alla 22a settimana.

Le lesioni muscolari

Le lesioni muscolari, frequenti in chi pratica qualunque attività sportiva, possono essere classificate in contratture, stiramenti e strappi (di diverso grado).

La Contrattura Muscolare

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORELa contrattura muscolare, una delle lesioni più comuni per chi pratica attività sportiva, consiste in una contrazione involontaria ed insistente di una parte o di tutto un muscolo, che determina dolore più o meno intenso e rigidità del muscolo, che limita il movimento delle articolazioni a cui è collegato. In ogni caso non determina una rottura delle fibre muscolari ed è, ta le lesioni muscolari, quella meno grave.

Neglli sportivi le contratture sono spesso dovute alla mancanza di un allenamento specifico e a sollecitazioni eccessive del muscolo interessato. Normalmente guariscono con una settimana o anche meno di fermo dell’attività sportiva.

Lo Stiramento

Anche lo stiramento muscolare è diffuso tra gli sportivi e consiste in un eccessivo allungamento di alcune fibre muscolari, oltre le possibilità del muscolo.

Il dolore cresce progressivamente e la zona colpita risulta dolorosa alla palpazione. Non c’è una lesione anatomica vera e propria, quindi le fibre muscolari restano intatte.  Uno stiramento si risolve normalmente con uno stop dell’attività sportiva di circa 2-3 settimane.

Tra le cause di stiramento muscolare più comuni troviamo il riscaldamento non adegato e la mancanza di preparazione fisica.

Lo Strappo

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTORELo strappo muscolare consiste in una rottura delle fibre muscolari, che provoca un dolore molto intenso e può essere più o meno grave in funzione del numero di fibre muscolari coinvolte. La lesione è provocata da una eccessiva sollecitazione delle fibre muscolari, in seguito a scatti o a contrazioni improvvise. Si possono presentare anche gonfiore e un ematoma localizzato.

In funzione del numero delle fibre coinvolte gli strappi muscolari sono classificati di I°, II° e III° grado.
Nella lesione di I° grado vengono danneggiate poche fibre muscolari, il fastidio è lieve e i movimenti sono quasi completamente senza dolore.
La lesione di II° grado è caratterizzata da un maggior numero di fibre muscolari lesionate: il dolore compare ogni volta che si cerca di contrarre il muscolo.
La più seria è la lesione di III° grado, che causa una vera e propria lacerazione del muscolo ed è accompagnata da un dolore molto intenso.

I tempi di recupero vafriano con il grado da 3 settimane a 6 settimane e oltre.

Le Distrofie Muscolari

Le distrofie muscolari sono malattie degenerative che provocano un graduale e progressivo indebolimento dei muscoli volontari riducendo notevolmente le capacità motorie delle persone affette e conducendo alla disabilità. Sono malattie genetiche dovute a mutazioni del DNA e per questo motivo sono ereditarie.

Le distrofie sono caratterizzate da un aumento della massa muscolare, che tuttavia non si traduce in maggiore forza muscolare in quanto l’aumento delle dimensioni dei muscoli è dovuto all’incremento del tessuto adiposo e connettivo che circonda le fibre muscolari.

Le forme più diffuse sono la distrofia muscolare di Duchenne e quella di Becker; esistono però numerosi altri tipi di distrofia, come la distrofia miotonica e le distrofie muscolari dei cingoli, che presentano numerose varianti in cui il decorso della malattia varia da soggetto a soggetto.

La Distrofia Muscolare di Duchenne

La distrofia muscolare di Duchenne è, fra le varie forme di distrofia muscolare, una malattia particolarmente grave, in quanto provoca un progressivo e grave malfunzionamento dei muscoli volontari; i bambini che ne sono affetti vanno incontro a una debolezza progressiva che infine le costringe sulla sedia a rotelle. Questo tipo di distrofia, che ha un’incidenza di un bambino malato su 3.500 circa, colpisce i maschi a partire dai 2/5 anni.

La malattia colpisce prevalentemente i maschi in quanto è causata da una mutazione del gene situato sul cromosoma X. La probabilità di trovare femmine omozigoti è molto bassa, poichè la gravità della malattia è tale da impedire in genere ai maschi malati di avere figli e quindi di trasmettere alle figlie il cromosoma X con l’allele malato.

Nel 1987, dopo la scoperta del gene malato, è stata identificata e isolata una proteina, chiamata distrofina, che è del tutto assente nei pazienti colpiti da distrofia muscolare di Duchenne.

Il tessuto muscolare normale contiene piccole quantità di distrofina (circa lo 0,002% della quantità totale delle proteine muscolari), ma la sua assenza porta sia alla distrofia di Duchenne sia alla fibrosi, una condizione di indurimento del muscolo.

PATOLOGIE - MALATTIE APPARATO LOCOMOTOREAlcune tra le ricerche più recenti su questa malattia prevedono I’impianto di particolari cellule, le cellule staminali, che promuovono la rigenerazione del tessuto muscolare; altre strategie di ricerca puntano su farmaci specifici contro la degenerazione delle fibre muscolari.

La malattia è caratterizzata da processi degenerativi della fibra muscolare a decorso progressivo. Dal punto di vista anatomo-patologico il numero delle fibre muscolari è ridotto e quelle che rimangono sono di lunghezza non uniforme. A causa di questa marcata riduzione del tono dei muscoli glutei e spinali, che diventano deboli rendendo difficile il camminare segue un indebolimento dei muscoli delle spalle. Il bambino compie movimenti caratteristici: spingendosi sulle mani, le appoggia poi sul pavimento  in seguito le pone sulle ginocchia e sulle cosce e raggiunge la posizione eretta che ha però un atteggiamento lordico (colonna vertebrale con concavità posteriore). Il decorso della malattia è rapidamente progressivo e porta alla completa invalidità entro dieci anni circa dall’inizio.

La malattia è caratterizzata da processi degenerativi della fibra muscolare a decorso progressivo. Dal punto di vista anatomo-patologico il numero delle fibre muscolari è ridotto e quelle che rimangono sono di lunghezza non uniforme. A causa di questa marcata riduzione del tono dei muscoli glutei e spinali, che diventano deboli rendendo difficile il camminare segue un indebolimento dei muscoli delle spalle.

I primi sintomi compaiono tra i 2 e i 6 anni. Caratteristici sono i polpacci ingrossati, con debolezza generalizzata e danni muscolari prima agli arti e poi al tronco.

Il bambino compie movimenti caratteristici: spingendosi sulle mani, le appoggia poi sul pavimento  in seguito le pone sulle ginocchia e sulle cosce e raggiunge la posizione eretta che ha però un atteggiamento lordico (colonna vertebrale con concavità posteriore). Il decorso della malattia è rapidamente progressivo e porta alla completa invalidità entro dieci anni circa dall’inizio.

La progressione è lenta, ma inesorabile. Sebbene all’inizio i sintomi siano lievi e sopportabili, tendono a peggiorare e diventano più gravi e debilitanti, in quanto viene coinvolta anche la muscolatura liscia involontaria dell’apparato respiratorio e circolatorio. La sopravvivenza arriva finoa 25-30 anni.

La Distrofia Muscolare di Becker

La Distrofia muscolare di Becker è una forma di distrofia muscolare che coinvolge principalmente i muscoli del bacino e degli arti inferiori. E’ stata descritta per la prima volta nel 1955 dal medico tedesco Peter Emil Becker.  Come la distrofia di Duchenne è caratterizzata da una degenerazione delle fibre muscolari e colpisce solo i maschi.

Anche per questa malattia la causa è l’anomalia del gene che codifica la sintesi della distrofina. Nella distrofia muscolare di Becker, la distrofina è ridotta o alterata, ma non è mai assente.

A livello motorio le manifestazioni di questa distrofia sono simili a quella di Duchenne, ma si presentano in forma più lieve e con esordio più tardivo. Le complicazioni cardiache costituiscono il problema principale: se vengono riconosciute e curate in tempo, l’aspettativa di vita di questi pazienti può essere del tutto normale.

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