PATOLOGIE – PAZIENTE ANZIANO – PATOLOGIE NEGLI ANZIANI

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PAZIENTE ANZIANO – PATOLOGIE NEGLI ANZIANI


Il numero degli anziani è in progressivo aumento in tutto il mondo, grazie al miglioramento delle condizioni sanitarie e sociali avvenuto negli ultimi decenni. L’aumento della popolazione anziana richiede conoscenze aggiornate per affrontare problemi sociosanitari, che nell’anziano risultano spesso complessi e difficili.

Lo stato di salute degli anziani: la prevenzione

Oggi dobbiamo guardare alla vecchiaia come ad una realtà inevitabile della vita, tuttavia modificabile, a cui destinare principalmente servizi preventivi, educativi e riabilitativi.

La prevenzione in età senile si articola in:

Prevenzione primaria: sono utili in questo ambito l’educazione sanitaria, la tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro, la revisione del sistema di pensionamento ed un diverso assetto sociale che permetta l’“impiego” degli anziani; è importante evitare l’ospedalizzazione impropria e l’allontanamento degli anziani dal proprio ambiente.

Prevenzione secondaria: si pone come obiettivo quello di evidenziare gli stati patologici ancora asintomatici, tramite esami mirati e di intraprendere cure tempestive. Gli esami mirati dovrebbero cominciare già in età adulta e con modalità semplici e flessibili, valutando anche l’impatto psicologico che questi screening possono avere. Tipici screening nella donna adulta dopo i 40 anni sono il pap-test e la mammografia, nell’uomo l’ispezione rettale (per evidenziare eventuali patologie prostatiche o rettali). Negli anziani gli screening sono consigliati ogni anno per valutare le condizioni fisiche, psichiche e sociali. Oltre a quelli consigliati in età adulta, è importante estendere gli esami alla diagnosi precoce dei tumori maligni (utero, mammella, colon, retto, prostata), dell’ipotiroidismo, della ipoacusia, dell’ipertensione arteriosa, ecc.

Prevenzione terziaria: questo tipo di prevenzione deve mirare ad impedire il passaggio all’invalidità. Questo può avvenire invitando gli anziani ad effettuare costantemente le varie terapie ed i trattamenti riattivanti, anche quando i risultati sembrano a prima vista minimi.

È importante che la prevenzione terziaria riesca a ridurre la tendenza alla cronicizzazione di molte patologie tipiche dell’anziano (una delle patologie più frequenti è quella da immobilizzazione, per la quale è evidente come un’azione riabilitativa possa evitare il passaggio da uno stato di infermità ad uno di completo handicap).

Accanto alla riabilitazione fisica è necessaria la riabilitazione sociale, che può avvenire tramite la creazione di un rapporto tra gli anziani degenti e l’ambiente sociale, tramite l’adeguamento dell’ambiente domestico alle nuove esigenze (con una assistenza domiciliare), tramite l’abbattimento delle barriere architettoniche, tramite il miglioramento delle condizioni economiche (di per sé causa di non autosufficienza).

Le malattie del cuore rappresentano la più importante causa di morbilità e mortalità in età senile.

Il processo di invecchiamento provoca di per sé profonde modificazioni nella funzione cardiaca;

I pazienti anziani hanno spesso una funzionalità cardiaca compromessa, perciò spesso è difficile distinguere le alterazioni dovute al normale invecchiamento da quelle secondarie ad una vera e propria malattia.

Nell’anziano la cardiopatia può manifestarsi con segni e sintomi tipici, quale dolore anginoso, dispnea (mancanza di fiato), palpitazioni ed estrema debolezza, ma più frequentemente la sintomatologia può essere atipica ed aspecifica, così da essere confusa con altre più banali malattie (stato influenzale, dolori reumatici, ecc.).

Di solito il trattamento delle malattie cardiovascolari comporta l’uso di farmaci potenti, che gli anziani possono tollerare meno bene rispetto agli individui giovani, perché spesso assumono anche altre medicine per il coesistere di più malattie.

È indispensabile che tutte le sostanze somministrate siano accuratamente valutate al fine di prevenire l’insorgenza di possibili effetti collaterali.

Frequenza delle malattie cardiovascolari nella vecchiaia

La frequenza delle cardiopatie nell’anziano è direttamente proporzionale all’accuratezza della valutazione clinica dell’ammalato. Alcuni studi hanno dimostrato la presenza di una grave malattia cardiaca in circa il 40% degli anziani tra i 65 ed i 75 anni e di una funzionalità cardiaca gravemente compromessa (tale da causare uno stato di inabilità totale) in circa il 20%, mentre nei soggetti con più di 75 anni l’incidenza di cardiopatie raggiunge circa il 50%. Per quanto sia molto difficile avere dei dati sicuri sui fattori genetici di longevità, è certo che vi sono gruppi etnici e popolazioni nei quali l’incidenza di malattie cardiache in età avanzata è veramente bassa o si manifesta in epoca più tardiva rispetto a quanto si osserva nei Paesi industrializzati. Queste popolazioni hanno strutture sociali, abitudini alimentari ed attività fisica del tutto particolari.

Ipertensione arteriosa

L’incidenza dell’ipertensione arteriosa aumenta progressivamente con l’età anche nella popolazione anziana in buona salute.

La pressione arteriosa normale degli anziani è solitamente superiore a 140/90 mmHg e dovrebbe essere possibilmente contenuta entro il livello massimo di 135/85 mmHg.

Con il passare degli anni si osserva un progressivo e graduale “irrigidimento” dell’albero arterioso, cui corrisponde un aumento della pressione arteriosa sistolica. Anche se questo fatto può essere considerato come espressione del normale invecchiamento, è ben documentato che i valori di pressione arteriosa particolarmente alti aumentano il rischio di malattie cardiovascolari.

Nella grande maggioranza dei pazienti anziani non è possibile dimostrare una causa specifica dell’ipertensione arteriosa, per cui questa forma viene definita “essenziale” (per essere certi della diagnosi di ipertensione è comunque indispensabile eseguire almeno tre misurazioni dei valori pressori in giorni differenti).

Ipotensione ortostatica

L’ipotensione ortostatica, molto frequente nei soggetti anziani, è la caduta della pressione arteriosa che si verifica passando rapidamente dalla posizione sdraiata a quella eretta.

Si manifesta generalmente con stordimento, offuscamento della vista, talora perdita di coscienza.

Tra le cause più frequenti si annoverano l’uso inappropriato di farmaci, l’ischemia cardiaca e la disidratazione.

L’ipotensione posturale è una delle principali cause di caduta nell’anziano, particolarmente in quegli individui che devono alzarsi nel corso della notte per svuotare la vescica.

Insufficienza cardiaca congestizia

Nella popolazione anziana vi è un declino graduale della capacità funzionale e della riserva cardiaca.

Una qualsiasi condizione di stress, di solito ben tollerata da un individuo giovane, può essere in grado di determinare un’insufficienza cardiaca congestizia nella persona anziana.

Anche se di solito la causa dell’insufficienza cardiaca congestizia è l’arteriosclerosi coronarica, esistono numerose altre condizioni che dovrebbero sempre essere tenute in considerazione.

Le malattie infettive (ad esempio la polmonite) o gli interventi chirurgici possono essere eventi scatenanti lo scompenso, soprattutto in quegli anziani “a rischio”, già portatori di alterazioni cardiache; la gittata cardiaca non viene mantenuta a livelli ottimali e compaiono versamenti polmonari ed edemi periferici.

Spesso sono presenti complicanze emboliche, probabilmente in conseguenza delle abitudini di vita sedentaria e del rallentamento della velocità di circolo.

I sintomi possono essere talvolta poco chiari; frequentemente, questi malati lamentano solamente facile faticabilità, confusione mentale e/o mancanza di vigore.

In altri casi la sintomatologia è invece tipica, comprendendo dispnea da sforzo e notturna, astenia marcata, edemi malleolari, ecc.

Angina pectoris

L’angina pectoris classica è caratterizzata da un dolore toracico, scatenato dallo sforzo, che si riduce di entità con il riposo; di solito, il dolore è di breve durata (meno di 5 minuti) e la sintomatologia è intermittente.

Frequentemente il dolore viene descritto come una sensazione di compressione o di peso localizzato in regione mediotoracica o retrosternale, ma vi sono anche pazienti che presentano sintomi relativamente atipici e riferiscono dolore tagliente o un “bruciore” in sedi non abituali (epigastrio o mascella).

L’esposizione al freddo, un pasto abbondante o uno stress emotivo possono contribuire a scatenare un episodio anginoso; spesso i pazienti riferiscono che il malessere provocato dall’angina è simile al disturbo avvertito durante un’indigestione, con nausea, eruttazioni e vomito.

Infarto miocardico

L’infarto miocardico è una condizione di emergenza assai frequente nella popolazione anziana, che richiede un trattamento da attuarsi in unità di terapia intensiva.

La diagnosi di infarto miocardico dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione in tutti i malati anziani che manifestano improvvisamente malessere e dolore a livello toracico e/o sintomi di insufficienza cardiaca congestizia.

In circa il 25% dei pazienti anziani con infarto miocardico acuto il dolore è molto lieve o addirittura assente ed i sintomi tipici della cardiopatia acuta possono essere di minore entità ed eventualmente mascherati da altri malanni eventualmente presenti. Il dolore toracico da infarto miocardico viene descritto come una sensazione di compressione o costrizione retrosternale, oppure talvolta come un dolore tagliente, penetrante, eventualmente irradiato al collo, alla mascella, agli arti superiori, al dorso o all’addome. La durata e la severità dei sintomi differenziano in modo tipico l’infarto miocardico dall’angina pectoris, in quanto nell’infarto il dolore è molto più grave, dura più di 10 minuti, può manifestarsi all’improvviso e non è solitamente associato allo sforzo o ad uno stress, come avviene invece nell’angina pectoris.

Aritmie cardiache

L’incidenza delle aritmie cardiache cresce rapidamente con l’avanzare degli anni.

Purtroppo, la diversità di presentazione delle aritmie, sovrapponendosi con quella di altre malattie (cardiopatie preesistenti), può creare difficoltà per il loro riconoscimento.

Nell’anziano, l’aritmia provoca raramente palpitazioni, mentre più spesso si manifesta con una sintomatologia legata alla riduzione dell’attività cardiaca, compromissione dello stato mentale, vertigini, sincope, insufficienza renale. La diagnosi di aritmia e la valutazione della risposta terapeutica richiedono sempre una documentazione elettrocardiografica.

Le aritmie possono essere atriali o ventricolari. Le prime sono più benigne le seconde possono portare a morte.

Il mantenimento della salute

La valutazione dei cosiddetti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari negli anziani è molto diversa da quella della popolazione più giovane.

Ad esempio, il fumo e l’ipercolesterolemia, che hanno grande importanza nella patogenesi delle malattie cardiovascolari in età giovanile/adulta, perdono il loro peso patogenetico dopo i 65 anni di età, mentre l’ipertensione arteriosa, l’obesità, il diabete mellito e l’ipertrigliceridemia mantengono un ruolo rilevante come fattori di rischio anche nei pazienti anziani.

Resta importante il ruolo della sedentarietà, studi recenti hanno dimostrato che i malati anziani con attività fisica regolare hanno un minor rischio di malattia coronarica.

L’anziano va incontro spesso a modificazioni della struttura e della funzione dell’apparato respiratorio, che in assenza di una complicanza morbosa, restano generalmente inapparenti.

Le tre più importanti sindromi ostruttive sono la bronchite cronica, l’enfisema e l’asma, mentre tra le malattie acute delle basse vie respiratorie la più grave è la polmonite, che può avere frequentemente un decorso complicato (insufficienza respiratoria).

Ricordiamo anche la tubercolosi, che resta una patologia relativamente comune in età senile e che oggi è riapparsa.

Bronchite cronica

Se si escludono le infezioni acute delle vie aeree superiori, è la malattia respiratoria più comune negli anziani, il suo esordio è raro dopo i 60 anni di età e le donne sono meno colpite rispetto agli uomini, probabilmente in relazione al loro minor consumo di tabacco.

In generale, si presenta con un aumento cronico del volume delle secrezioni mucose bronchiali, con abbondante espettorazione dovuta nella maggior parte dei casi al fumo.

Spesso si associa ad un quadro di enfisema e, in molti casi, anche a broncospasmo (asma bronchiale). I soggetti bronchitici hanno generalmente bassi livelli di ossigeno nel sangue arterioso (ipossiemia) e presentano spesso degli episodi di scompenso respiratorio con dispnea, cianosi e aumento dei livelli di anidride carbonica nel sangue (ipercapnia), per lo più a seguito di una sovrapposizione infettiva.

Purtroppo, ogni episodio compromette ulteriormente la struttura dei polmoni, rendendo l’individuo più suscettibile a nuove fasi di scompenso.

Enfisema polmonare

È caratterizzato da un incremento del contenuto di aria negli spazi posti a valle del bronchiolo terminale, con distruzione delle pareti.

Si deve distinguere il polmone in involuzione fisiologica senile equilibrata dal polmone del soggetto enfisematoso divenuto vecchio, o enfisema senile vero e proprio (che interessa per lo più soggetti di età compresa tra i 65 e i 70 anni, ed è una forma clinica non diversa dall’enfisema dell’età adulta).

Entrambe le forme sono in una situazione di equilibrio instabile, dato che possono frequentemente complicarsi con un’infezione (bronchitica o broncopolmonitica), responsabile, a volte rapidamente, di un’insufficienza respiratoria.

Asma

Si caratterizza per una resistenza variabile delle vie aeree al flusso di aria. Anche se in passato si era soliti pensare che l’asma fosse una malattia circoscritta all’età giovanile, si è visto che in effetti è frequente anche nei soggetti anziani e può comparire per la prima volta in pazienti molto vecchi.

Nonostante l’ostruzione sia reversibile, il ripetersi degli attacchi determina l’instaurarsi di un quadro infiammatorio cronico, che determina nel tempo una compromissione irreversibile della struttura dell’albero bronchiale.

Purtroppo gli anziani asmatici sono più predisposti allo sviluppo di complicanze di tipo infettivo, che rappresentano spesso un problema di difficile soluzione.

Nelle forme di asma su base allergica, è opportuno cercare di evitare il contatto con le sostanze antigeniche responsabili degli attacchi acuti (allontanare alcuni animali domestici, evitare determinati cibi, evitare passeggiate in ambienti aperti durante il periodo dei pollini, ecc.).

Polmonite

È una tra le più frequenti cause di morte nell’anziano. La prevalenza elevata è dovuta all’incapacità dell’anziano ad eliminare i secreti bronchiali, all’alterata e/o ridotta risposta immunitaria ed alla forzata posizione supina.

Nella maggioranza dei casi si osserva l’aggravamento di una dispnea preesistente o la comparsa di cianosi o tachicardia.

La febbre elevata è rara (più frequentemente si osserva una febbricola, specie nei soggetti debilitati), la tosse può essere estenuante (spesso non produttiva).

I segni fisici, soprattutto se coesistono altre patologie cardio-respiratorie, possono essere ingannevoli; spesso si deve ricorrere all’assistenza ospedaliera.

Tubercolosi

La tubercolosi è una malattia comune nell’anziano, a causa delle frequenti cattive condizioni sociali, della elevata presenza di invalidità e/o di malattie debilitanti e della ridotta resistenza alle infezioni.

Frequentemente, in età senile i sintomi della tubercolosi sono aspecifici (perdita di peso, inappetenza, malessere generale, febbricola serotina, ecc.), per cui può accadere che la diagnosi di tubercolosi venga posta in occasione di una radiografia di routine del torace.

Alcuni fattori concomitanti (terapie con cortisone, malnutrizione, tumori, diabete mellito) possono favorire lo sviluppo di una forma di tubercolosi conclamata, che risulta ovviamente di più facile ed immediata diagnosi.

Aspetti preventivi generali

L’invecchiamento provoca di per sé modesti cambiamenti nella funzione polmonare e negli scambi respiratori che possono, tuttavia, predisporre all’insorgenza di complicanze più serie (infezioni polmonari).

La prevenzione delle complicanze infettive costituisce un punto importante dell’assistenza socio-sanitaria del soggetto in età avanzata.

Le vaccinazioni annuali contro l’influenza sono raccomandate per tutti gli anziani, soprattutto per quei pazienti con frequenti malattie respiratorie.

La ginnastica respiratoria può migliorare la funzione polmonare ed è soprattutto indicata per quei pazienti che hanno una grande produzione di escreato.

Tutti i pazienti affetti da malattie respiratorie croniche, specie se anziani, dovrebbero evitare i locali affollati ed il contatto con individui affetti da malattie virali, al fine di prevenire l’insorgenza di malattie che in età avanzata potrebbero risultare molto debilitanti.

Attualmente, l’ossigenoterapia domiciliare migliora sensibilmente l’aspettativa e la qualità di vita di molti soggetti broncopneumopatici.

Un anziano che si sottopone a ossigenoterapia durante la notte, o nelle ore in cui è a casa, può avere un miglioramento consistente della funzione respiratoria, tale da consentirgli una vita di relazione;

L’efficacia di questa terapia è limitata se il soggetto non smette di fumare, se vive in un ambiente poco riscaldato, o se l’ossigeno non è somministrato per un numero sufficiente di ore.

La determinazione dei gas nel sangue arterioso (emogasanalisi), esame che si esegue in ospedale, la percentuale di emoglobina “satura” di ossigeno (saturimetria) che può essere eseguita anche a domicilio con apparecchi portatili sempre più diffusi, possono consentire una diagnosi precoce di una situazione di scompenso respiratorio.

Anche in assenza di specifiche patologie, l’apparato digerente dell’anziano va incontro ad alcune alterazioni caratteristiche, specifiche per ogni organo.

Lo stomaco mostra una diminuzione della secrezione gastrica ed una tendenza all’ipotonia, il duodeno e il pancreas producono meno sostanze ad attività ormonale (colecistochinina, secretina, ecc.) ed enzimatica, il fegato va incontro ad una significativa riduzione della riserva funzionale, mentre nell’intestino si osserva un assottigliamento della parete, rarefazione ed accorciamento dei villi, riduzione della motilità con conseguente rallentamento del transito intestinale.

Gli studi sul bilancio nutritivo dell’anziano mostrano che la limitazione dei processi di assorbimento che deriva da queste modificazioni è proporzionale alle diminuite esigenze del ricambio senile, per cui lo stato complessivo di nutrizione del vecchio sano si mantiene nel complesso soddisfacente.

Le patologie acute colpiscono ogni anno più del 7% della popolazione con più di 45 anni, mentre si calcola che le forme croniche (tumori maligni, ulcera gastrica e duodenale, calcolosi della colecisti, cirrosi epatica, diverticolosi intestinale, ecc.) siano causa di inabilità e/o autosufficienza limitata in circa il 10% degli individui con più di 65 anni.

In età senile la morte è spesso causata da malattie gastrointestinali di natura maligna; si è valutato che circa il 60% delle morti per tumore maligno riconosce una localizzazione primitiva (sede di inizio della crescita tumorale) a livello dell’apparato gastrointestinale.

Stipsi e diarrea

Questi disturbi della funzione intestinale possono essere molto frequenti nell’anziano, talvolta alternandosi. In età senile, ogni cambiamento nelle abitudini dell’alvo, specie se persistente nel tempo, con tendenza ad aggravarsi ed associato a perdita di peso e dolorabilità addominale, deve sempre essere studiato a fondo perché può essere un segnale di una grave patologia sottostante (ad esempio una forma tumorale).

Fortunatamente, nella maggior parte dei casi questi disturbi intestinali, in particolare la stipsi cronica, sono la semplice conseguenza della fisiologica tendenza all’ipotonia intestinale dell’anziano, aggravata da una ridotta attività fisica, dall’assunzione di una minore quota di fibre alimentari e di acqua e dall’abuso di farmaci, capaci di influenzare negativamente la motilità intestinale.

La stipsi cronica associata all’atonia intestinale causa la malattia diverticolare del colon (diverticolosi), che colpisce fino al 70% della popolazione con più di 80 anni ed è di solito asintomatica, è dovuta all’erniazione della mucosa del colon attraverso lo strato muscolare (a causa dell’elevata pressione della massa fecale solida).

In presenza di infiammazione dei diverticoli (diverticolite), il dolore addominale è invece intenso, crampiforme, spesso irradiato posteriormente, e associato a stipsi ostinata.

Ulcera duodenale e gastrica

L’ulcera duodenale e quella gastrica, pur avendo un picco di incidenza in età adulta, sono comunque abbastanza frequenti anche nell’età senile.

Rispetto al giovane, la malattia decorre con minore evidenza di disturbi soggettivi, ma con complicanze più frequenti e gravi (emorragie, stenosi, perforazioni). L’emorragia gastrica è la complicanza più grave nell’anziano e, quando si manifesta in forma acuta, è associata ad un elevato tasso di mortalità.

La perforazione può presentarsi in modo subdolo, con scarso dolore e lieve contrattura addominale, e rendersi evidente con l’insorgenza di uno shock.

La chirurgia è indicata solo quando la malattia è complicata da una emorragia acuta o da una perforazione.

Malattie del fegato

L’epatite da farmaci è più frequente e spesso più grave nell’età geriatrica; quella acuta virale, sia pur raramente, può avere decorso fulminante o andare incontro a cronicizzazione.

La steatosi epatica (fegato grasso), legata ad errori alimentari o ad abuso di alcool, è un reperto frequente, soprattutto in corso di valutazione ecografica.

La cirrosi epatica è l’affezione grave di più comune riscontro nell’anziano, spesso complicata da ascite (versamento addominale) e da uno stato di insufficienza renale (sindrome epato-renale).

Il fegato dell’anziano, infine, può essere sede di patologia cistica e, soprattutto, neoplastica, sia primitiva che secondaria per localizzazione metastatica di tumori del tratto gastrointestinale e di altri distretti.

Calcolosi della colecisti

L’incidenza di questa malattia aumenta con l’età; circa il 30% delle persone di età superiore ai 70 anni (più le donne rispetto agli uomini) soffre di calcolosi della colecisti. Spesso la malattia è asintomatica, potendosi manifestare solo con saltuari episodi di meteorismo oppure con dolore all’ipocondrio destro a seguito di pasti abbondanti.

Complicanza grave è l’insorgere di pancreatite acuta spesso recidivante che può portare a morte il paziente.

Altre patologie intestinali dell’anziano

Contrariamente al giovane, in età senile l’appendicite acuta si manifesta spesso con dolori modesti intermittenti, febbricola e nausea, scarsa o addirittura assente contrattura della parete addominale.

Le occlusioni intestinali dell’anziano sono caratteristiche per la loro notevole frequenza e per la loro evoluzione spesso subdola (in assenza di dolore e/o vomito).

Si tratta di ostruzioni secondarie a strozzamento di ernie (assai frequenti nei vecchi, specie in coloro che dimagriscono), a briglie aderenziali, a neoplasie e, particolarmente negli ultra70enni, a ileo paralitico

Norme di carattere generale per prevenire le malattie gastrointestinali

Spesso la dieta seguita da un anziano non è particolarmente indicata per l’apparato gastrointestinale;

Gli anziani consumano diete ipercaloriche, iperlipidiche, ricche di alimenti raffinati e con uno scarso contenuto in fibre non digeribili, per cui si renderanno necessarie indicazioni precise e chiare sui cibi da prediligere e su quelli da evitare.

I piccoli pasti, regolari e frequenti nel corso della giornata, consumati senza fretta, favoriscono senza alcun dubbio una migliore digestione.

Un adeguato apporto di liquidi (da 1,5-2,5 litri al giorno) può facilitare la digestione ed il transito intestinale, riducendo in tal modo la stitichezza;

L’esercizio fisico aiuta la motilità intestinale e facilita un regolare svuotamento, per cui è importante incoraggiare gli anziani a svolgere con regolarità, nei limiti del consentito, attività aerobica quotidiana.

Occorre stimolare gli anziani ad una dieta il più possibile varia, senza rinunciare a quegli alimenti (gelati, yogurt, frutti, dolci quando ciò e possibile) che possono migliorare l’appetito.

E’ importante raccomandare l’abolizione del fumo, evitare l’assunzione di bevande alcooliche e numerosi farmaci (se è possibile) soprattutto i tanti “preparati da banco”, che assunti in modo disordinato, sono lesivi per l’apparato gastrointestinale.

L’apparato genito-urinario è spesso sede di patologie che, in età senile, procurano disturbi spesso particolari ed invalidanti.

L’incontinenza urinaria, in particolare, può ostacolare notevolmente le normali abitudini di vita degli anziani e delle loro famiglie e rappresenta probabilmente una delle maggiori ragioni di ricovero in un anziano.

Si riscontrano anche forme tumorali (a carico di prostata e vescica, negli uomini sopra i 50 anni), che vedremo successivamente, l’ipertrofia prostatica e le infezioni del tratto urinario (queste ultime maggiormente nelle donne).

Incontinenza

L’incontinenza urinaria è un sintomo spiacevole, sia per gli anziani sia per le loro famiglie, che contribuisce all’isolamento fisico e sociale dell’anziano, fra le cause di tale patologia ricordiamo la presenza di una vescica neurologica “non inibita” (per perdita di neuroni e deterioramento senile della funzione cerebrale), e di altri fattori come un cambiamento nello stile di vita dell’individuo, l’immobilizzazione a letto o uno stato confusionale acuto.

L’incontinenza transitoria, che frequentemente compare con il riposo forzato a letto o con malattie acute, non necessita di uno specifico trattamento, ma soltanto di un’assistenza intensiva che faccia tornare il paziente alle precedenti abitudini di vita il più rapidamente possibile.

Infezioni del tratto urinario

Le infezioni del tratto urinario sono comuni in tutti gli ambienti di cura e l’incidenza aumenta con l’avanzare dell’età.

L’immobilizzazione prolungata, la scarsa igiene intima, la stipsi, la conformazione anatomica nella donna e l’ipertrofia prostatica benigna nell’uomo non sembrano giocare un ruolo assai importante nel causare un’infezione delle vie urinarie.

Il paziente dovrà essere trattato e controllato a distanza di tempo per verificare l’effetto della terapia e l’eventuale miglioramento del quadro clinico; inoltre occorre eliminare ogni fattore di rischio che favorisca lo sviluppo di un’infezione.

Ipertrofia prostatica

L’ipertrofia prostatica benigna e il cancro prostatico sono le due principali malattie che colpiscono questo organo. Circa il 50% degli uomini oltre i 50 anni presenta un certo grado di ipertrofia prostatica, mentre in età più avanzata (oltre i 60 anni) aumenta il rischio di sviluppo di tumori maligni.

Allo stato attuale, l’incontinenza urinaria e le difficoltà di erezione continuano ad essere un problema importante, che influisce negativamente sulla qualità di vita del soggetto e delle famiglie.

La terapia medica dell’ipertrofia prostatica deve essere sempre preceduta da un accurato screening diagnostico, che permette di escludere con certezza il cancro della prostata.

L’intervento chirurgico per l’ipertrofia prostatica è indicato nei casi in cui sono presenti gravi sintomi da ostruzione, ridotta funzionalità renale, notevole residuo urinario, infezioni urinarie ricorrenti.

Necessita precisare che l’intervento non danneggia l’innervazione del sistema erettile, per cui il rischio di impotenza post-operatoria è molto basso.

Cateterismo

L’uso del catetere urinario nell’anziano è piuttosto frequente. Nei casi di incontinenza urinaria persistente, nelle malattie che alterano il controllo neurologico della minzione, nelle situazioni immobilizzanti per il paziente è pratica comune applicare il catetere a permanenza.

A questo scopo è consigliabile utilizzare i cateteri tipo Foley, trattenuti nella vescica mediante un palloncino gonfiabile a pressione, e dovrà essere cambiato abitualmente ogni due settimane.

L’inconveniente principale nell’uso dei cateteri a permanenza è l’infezione delle vie urinarie, che deve essere accettata come conseguenza quasi inevitabile.

Nel caso di cistite il trattamento è antibiotico, da attuare comunque con cautela (per il rischio di creare microrganismi resistenti) e solo dopo aver eseguito un antibiogramma.

La deambulazione è il più importante atto fisico in una persona anziana, per cui il mantenimento dell’autosufficienza nel proprio ambiente domestico deve essere uno tra gli obiettivi principali nella cura degli anziani.

Le articolazioni, i tendini e i muscoli subiscono, a causa del normale processo di invecchiamento, modificazioni degenerative che determinano la perdita della normale mobilità articolare e rendono spesso anomala la postura e la deambulazione del soggetto.

Inoltre, con l’avanzare degli anni si ha una riduzione della forza, della potenza muscolare ed un’atrofia dell’osso, per riduzione del suo contenuto in minerali.

Le alterazioni degenerative a livello articolare, molto frequenti nella popolazione anziana (circa l’85% delle persone dopo i 70 anni è colpito da osteoartrosi), causano spesso sofferenza, diminuzione dell’uso degli arti ed una progressiva immobilizzazione dell’individuo.

Le fratture, trascurabili prima dei 50 anni, raddoppiano la loro frequenza ogni 5 anni dopo i 60 anni di età (2-4 volte più di frequenti nelle donne rispetto agli uomini).

Sono principalmente colpiti il collo del femore (le cui complicanze sono tra le cause più comuni di morte negli anziani), l’anca, il polso e le vertebre.

Osteoartrite degenerativa

È una malattia che determina deformità articolari ed un progressivo deterioramento delle funzioni articolari che, con il tempo e l’interessamento di altre articolazioni, porta alla perdita della mobilità dei soggetti colpiti.

Il ginocchio, la colonna vertebrale e le articolazioni delle dita sono più frequentemente colpite; la maggior parte dei pazienti riferisce di sentire cedere il ginocchio quando cammina, di avere difficoltà a salire le scale, ad alzarsi dalla sedia e ad allacciarsi le scarpe.

Questi sintomi possono avere un’insorgenza acuta, accompagnata da gonfiore, rossore, dolore e incapacità funzionale dell’articolazione colpita.

Frequentemente, la malattia si manifesta con un dolore in sede lombosacrale (simile a quello dell’ernia al disco), causato dalle gravi alterazioni che la malattia provoca a livello della colonna vertebrale.

Le alterazioni degenerative che si hanno in questa forma sono irreversibili, perciò lo scopo del trattamento è quello di ottenere un miglioramento dei sintomi ed una ripresa, almeno in parte, della funzione articolare.

Gotta

La gotta è una malattia metabolica che si presenta con attacchi ricorrenti di artrite a carico delle articolazioni periferiche, dovuta alla deposizione di cristalli di acido urico all’interno delle articolazioni e dei tendini.

La malattia aumenta la sua frequenza con il passare degli anni, colpisce in prevalenza i maschi (con un picco all’inizio dei 60 anni), mentre le donne sono interessate dopo la menopausa.

Le articolazioni maggiormente colpite sono quelle dell’alluce, della caviglia, del ginocchio, del polso e del gomito. L’attacco acuto di gotta si manifesta solitamente senza preavviso, di notte, in un’articolazione degli arti inferiori e può essere causato da un trauma minimo (ad es. scarpe inadeguate, eccessiva assunzione di cibo o alcool, fatica, infezioni, stress).

Il dolore è riferito come opprimente e la sola pressione delle lenzuola diventa insopportabile.

Osteoporosi

L’osteoporosi è la diminuzione del rapporto massa/unità di volume dell’osso, che si associa ad una diminuzione della resistenza dell’osso e ad un aumentato rischio di frattura.

L’osteoporosi rappresenta la patologia ossea più frequente nel mondo occidentale, e costituisce un problema sanitario e sociale di grande e crescente rilievo.

È una malattia più comune nelle femmine rispetto ai maschi (rapporto 2:1) e negli individui di razza bianca. In modo schematico, possiamo dire che esistono le seguenti forme di osteoporosi:

Tipo I, tipica delle donne in post-menopausa (è legata alla riduzione della funzione gonadica ed è generalmente complicata da fratture a carico delle vertebre)

Tipo II o osteoporosi senile (colpisce un gran numero di individui che hanno superato il settantesimo anno di età ed è complicata da fratture vertebrali ed iliaco-femorali)

Idiopatica (è una forma molto rara, che insorge in età giovanile o adulta)

Tipo III o secondaria (è associata e conseguente all’uso di alcuni farmaci o a malattie dell’apparato digerente, endocrine, renali, ematologiche, osteo-articolari, pneumologiche).

Tra le cause principali, una dieta povera di calcio e fosfati (legata al sempre minor consumo di latte), l’eccessivo introito di proteine e sodio (che favoriscono l’escrezione di calcio con le urine), alterazioni del metabolismo della vitamina D (conseguente a carente esposizione ai raggi solari), l’abuso di alcool e fumo, carenze ormonali (estrogeni), l’inattività fisica, la scarsa massa muscolare, alcuni farmaci (cortisonici ecc.).

Data la frequente assenza di sintomi, la sua diagnosi precoce è fondamentale per riuscire a ridurre le complicanze, come le fratture, che determinano dolore e deformità, più frequenti a livello vertebrale (tratto toracico-lombare), femorale (collo) e del polso.

La mineralometria ossea (M.O.C.) consente una valutazione obiettiva del contenuto minerale osseo, mentre la valutazione laboratoristica dei parametri bio-umorali correlati alturnover osseo, è utile per individuare i pazienti che, a causa degli alti livelli di rimodellamento, sono più a rischio di frattura.

Quando l’osteoporosi diventa evidente dal punto di vista radiologico non è più possibile ripristinare la massa e la struttura normale dell’osso.

Fratture

L’osteoporosi favorisce senza dubbio il verificarsi di fratture in età senile.

Oltre che per una maggiore fragilità dello scheletro, la maggiore frequenza delle fratture post-traumatiche è dovuta anche al minor tono muscolare ed alla più scarsa quantità di tessuto adiposo protettivo.

Le fratture da osteoporosi, ad eccezione di quelle vertebrali che possono essere causate anche da traumi minimi, rappresentano, nei soggetti anziani, la conseguenza di una caduta.

A tale proposito non si deve trascurare l’importanza dei fattori ambientali: scalini troppo ripidi, superfici sdrucciolevoli, scarsa illuminazione, calzature inadeguate, sono responsabili di circa il 30% delle cadute che si verificano nell’anziano, soprattutto fra le mura domestiche.

Si è già detto che le fratture vertebrali possono complicare sia l’osteoporosi post menopausale sia quella senile. In quella di tipo I, le fratture sono da “schiacciamento” e si manifestano con intenso dolore, mentre in quella di tipo II sono a “cuneo”, caratterizzate da un lento sviluppo con scarsa dolorabilità.

La frattura più frequente è quella a carico del collo del femore; le complicazioni che spesso ne conseguono sono un’importante causa di morte e/o di aggravamento delle condizioni generali di salute, soprattutto nelle donne.

Raccomandazioni di carattere generale

La cura delle malattie muscolo-scheletriche nell’anziano deve avere come obiettivo principale il mantenimento dell’autonomia e dell’indipendenza nella vita quotidiana. Quando si instaurano delle condizioni inabilitanti è necessario istituire al più presto misure idonee per restituire al soggetto movimento ed autonomia e prevenire l’insorgenza di stati confusionali, che a loro volta possono causare fratture o cadute.

Nei casi in cui si renda necessario l’uso di stampelle o di deambulatori, si deve predisporre l’ambiente domestico in modo adeguato, rimuovendo tappeti ed altri ostacoli che possono rendere difficoltosa la deambulazione e provocare cadute accidentali.

Dato che la deambulazione e la mobilità sono molto importanti per il grado di autonomia, anche la cura dei piedi diventa un aspetto importante per la salute globale dell’anziano.

Con l’avanzare dell’età si osserva una fisiologica riduzione dell’efficienza funzionale soprattutto a carico degli organi di udito e vista.

La possibilità di comunicare con altre persone rappresenta il mezzo più importante di “partecipazione attiva” alla vita sociale, particolarmente in età senile, quando i contatti e le occasioni di incontro con familiari ed amici si riducono sensibilmente.

Lo stesso discorso vale anche per la vista, che consente all’anziano di mantenere contatti vitali con il mondo circostante.

Malattie dell’apparato uditivo

Una riduzione significativa delle capacità uditive, che si osserva in circa il 30-50% delle persone con più di 65 anni, diventa sempre più frequente con l’avanzare degli anni, soprattutto negli individui di sesso maschile.

Presbiacusia

La presbiacusia (o sordità), tipica dell’età senile, è la progressiva riduzione bilaterale dell’udito, causata probabilmente da alterazioni degenerative dell’orecchio interno.

Nella fase iniziale viene perduta la sensibilità per le frequenze sonore più alte, ma con il progredire della malattia sono coinvolte anche quelle medie ed infine quelle più basse.

In questo modo, l’anziano non riesce più a partecipare alle normali conversazioni, per cui si può determinare disagio, irritabilità o, viceversa, depressione e tendenza all’isolamento.

In alcuni casi la riduzione dell’udito può essere causata da alcuni farmaci ototossici (ad es. antibiotici aminoglicosidici), la cui semplice sospensione può di per sé determinare un notevole miglioramento della funzione uditiva del malato anziano.

In altri casi, la lesione (ormai irreversibile) può essere stata determinata da infezioni acute pregresse (otiti), traumi, malattie croniche (come il colesteatoma o l’otosclerosi).

Anche l’esposizione cronica ai rumori può essere responsabile di una diminuzione della capacità uditiva negli  anziani, per cui è necessario conoscere l’attività lavorativa svolta, le loro abitudini di vita e gli eventuali hobby.

Le protesi uditive, le modificazioni dell’ambiente di vita (e/o di lavoro) e l’educazione del soggetto ad osservare il movimento delle labbra di chi parla possono migliorare sensibilmente le possibilità di contatto sociale degli anziani.

Ronzio agli orecchi (acufeni)

Il ronzio agli orecchi, tanto frequente nell’individuo anziano, può essere causato semplicemente da un tappo di cerume (la cui rimozione risolve il problema), ma spesso dipende da patologie irreversibili (come otiti croniche, labirintiti, patologie vascolari ecc.), per le quali non esiste alcun tipo di terapia realmente efficace ma è possibile attenuare il disturbo che eventualmente si avvertirà soltanto la notte ed in forma lieve.

Vertigini

La vertigine è una sensazione erronea e sgradevole di movimento del soggetto o dell’ambiente circostante, che dipende da un’alterazione delle afferenze (vestibolari, propriocettive, somato sensoriali, visive e uditive) al sistema di controllo dell’equilibrio.

Può verificarsi a seguito di patologie che compromettono il labirinto vestibolare, il nervo statoacustico, il suo nucleo nel sistema nervoso centrale, o le altre strutture nervose ad esso collegate.

Nell’anziano le strutture sensoriali del labirinto sono soggette a fenomeni degenerativi, gli impulsi afferenti somato sensoriali e visivi sono ridotti, spesso in modo simmetrico, il sistema di controllo centrale perde progressivamente efficienza.

Inoltre, la vertigine può essere espressione (soprattutto nell’anziano) di un problema circolatorio cerebrale (Ictus o TIA, ), oppure di una sindrome di Menière o di una labirintite.

I disturbi dell’equilibrio mostrano una spiccata progressione, per frequenza e gravità, oltre i 60-65 anni, con punte di prevalenza di oltre il 50% negli ultra70enni.

L’aspetto più rilevante legato a questo disturbo è costituito dalle cadute che, per frequenza e gravità dei danni indotti e possibili conseguenze sullo stato psicologico, costituiscono in assoluto uno dei principali problemi della terza età.

Sindrome di Menière

La causa di questa sindrome non è nota; solitamente, si manifesta per la prima volta in età adulta, ma può essere di frequente riscontro anche nell’anziano (manifestandosi con ipoacusia, ronzii e vertigini).

Gli attacchi possono durare settimane o mesi; in seguito la sintomatologia si riduce spontaneamente, anche perché nel frattempo le funzioni vestibolari ed uditive del soggetto sono perdute.

Malattie dell’apparato visivo

Tutte le strutture anatomiche dell’occhio, con l’avanzare dell’età, subiscono delle modificazioni, più o meno marcate, che influiscono negativamente sulle funzioni oculari. In età senile, il disturbo più frequente è rappresentato dalla presbiopia, mentre le malattie oculari più comuni sono la cataratta senile (presente nel 95% delle persone con più di 60 anni), seguita a distanza dal glaucoma e dalla retinopatia diabetica (presente nel 2% dei soggetti diabetici), causa frequente di cecità.

Presbiopia

La presbiopia è la ridotta capacità dell’occhio di mettere a fuoco un oggetto a distanza variabile, dovuta alla perdita di capacità di accomodazione del cristallino, causata dal processo di invecchiamento. La presbiopia (spesso associata ad episodi di cefalea) ha come sintomo principale il fatto di vedere poco distintamente da vicino, soprattutto i caratteri di stampa di dimensioni ridotte, mentre resta inalterata la visione da lontano.

Cataratta

L’opacità del cristallino interferisce con la capacità di rifrazione della luce e determina una riduzione graduale della capacità visiva. Il processo può essere accelerato in certe condizioni patologiche (ad esempio il diabete), in cui la cataratta può comparire più precocemente.

Glaucoma

Il glaucoma cronico semplice è una patologia caratterizzata da un aumento della pressione intra-oculare, che causa una cecità irreversibile per riduzione progressiva del campo visivo conseguente al danno del nervo ottico.

Dato che l’esordio è lento, il paziente spesso non nota la perdita graduale della visione periferica, per cui la diagnosi viene spesso posta tardivamente; in alcuni casi il glaucoma può manifestarsi acutamente, con crisi di dolore ed arrossamento dell’occhio, che richiedono un intervento chirurgico tempestivo per evitare danni irreversibili.

Retinopatia diabetica

Il diabete causa numerose alterazioni retiniche, che si caratterizzano per la tendenza alla progressione. Alcune di queste (retinopatia non proliferante) sono reversibili, a condizione che venga migliorato il controllo del diabete, mentre altre (retinopatia proliferante) richiedono l’intervento dell’oftalmologo.

La retinopatia proliferante (ed anche quella non proliferante, se interessa determinate regioni della retina) può avere una prognosi sfavorevole, potendo evolvere fino alla perdita totale della capacità visiva (ad esempio, per distacco della retina).

Una volta che le lesioni sono comparse, è possibile intervenire con la laserterapia per distruggere le aree in cui possono comparire aspetti proliferanti, evitando così l’insorgenza di ulteriori complicazioni.

Cecità

Le principali cause di cecità negli anziani sono rappresentate dal glaucoma, dalla cataratta non operata e dalla retinopatia diabetica.

È molto importante che gli anziani non vedenti siano messi, con un’adeguata riabilitazione ed assistenza, nella condizione di maggiore autosufficienza soprattutto per quanto riguarda l’orientamento, la mobilità, l’autosufficienza domestica, le attività comunicative, ecc.

Ai soggetti con ridotta capacità visiva si devono fornire precise istruzioni riguardanti le tecniche di lettura, i sistemi utili per migliorare la qualità di vita di ogni giorno e favorire la mobilità.

Talvolta, può essere necessario trasformare l’ambiente di vita di questi soggetti, se si vuole cercare di compensare in qualche modo il deficit visivo.

A questo scopo, semplici provvedimenti possono essere l’illuminazione di tutte le zone della casa dove vive l’anziano con sorgenti di luce giallognola, costante, senza bagliori o rifrazioni, l’utilizzo di corrimani, l’eliminazione di tutti gli oggetti che possono intralciare i movimenti, i pavimenti sdrucciolevoli.

In condizioni normali, il midollo osseo “funzionante” (responsabile della produzione delle cellule del sangue) decresce quantitativamente con l’età, ma le differenze tra adulto e anziano sono trascurabili.

Anche le malattie ematologiche che colpiscono l’anziano non sono molto diverse rispetto a quelle che interessano le altre fasce di età.

Le più frequenti, caratterizzate anche da alcuni aspetti tipici dell’età senile, sono le anemie, le policitemie, le leucemie ed i linfomi, che si presentano nella maggior parte dei casi con sintomi subdoli e sfumati.

Leucemie, linfomi e altre malattie neoplastiche del sangue saranno trattate successivamente.

Anemie

Si definisce anemia una condizione in cui l’emoglobina è inferiore a 10g/100 ml. In un anziano, una modesta anemia può essere il primo segnale “rivelatore” di neoplasie silenti del cieco o del colon destro ancora curabili.

I disturbi più frequenti (astenia, dispnea, maggiore sensibilità al freddo, capogiri, mal di testa, pallore della cute, ecc.), dovuti alla ridotta capacità del sangue di trasportare l’ossigeno a tutti i tessuti, sono comuni nella vecchiaia, per cui vengono spesso sottovalutati dal soggetto e dai suoi familiari.

Anemia sideropenica

La causa più frequente di anemia nell’anziano è rappresentata dalla carenza di ferro, conseguenza di una dieta povera di questo elemento, di una perdita (la forma più comune a questa età) e/o di un diminuito assorbimento intestinale.

La perdita di ferro può avvenire per un sanguinamento cronico, quasi sempre a carico del tratto gastrointestinale. Molte patologie possono dare un sanguinamento occulto (stillicidio);

Tra le cause principali troviamo varici esofagee, ulcera gastrica, polipi allo stomaco o all’intestino, diverticoli, emorroidi, tumori maligni gastrici o intestinali, ecc.

Anche alcuni farmaci, come gli anti-infiammatori (aspirina, cortisonici FANS ecc.), se assunti cronicamente, possono essere responsabili di perdita di sangue e anemia.

Il trattamento è volto in prima istanza ad eliminare la causa e poi a correggere il deficit di ferro, somministrando l’elemento sia per via orale che parenterale.

Anemia megaloblastica

Le cause più comuni di questa forma di anemia, che riguarda quasi esclusivamente l’anziano (con un picco di incidenza intorno ai 60 anni), sono la carenza di vitamina B12 e di acido folico, le malattie epatiche e l’alcoolismo cronico. I deficit di vitamina B12, di folati o di entrambi sono solitamente causati da apporto dietetico inadeguato o da un cattivo assorbimento.

Oltre, ad astenia, parestesie, dispnea, palpitazioni, tachicardia, emicrania e cambiamenti nel comportamento, i sintomi più frequenti sono di tipo gastrointestinale, come la diarrea, l’anoressia, la perdita di peso e la comparsa di una neuropatia simmetrica agli arti, in particolare quelli inferiori, che determina formicolii e intorpidimento delle estremità, parestesie, astenia e difficoltà a camminare.

Policitemia

È un’alterazione di comune riscontro nell’anziano, determinata dall’aumento del numero di globuli rossi.

Si conoscono due forme di policitemia; una secondaria, più frequente, dovuta a malattie che determinano ipossia (come l’enfisema polmonare broncopatie croniche ostruttive soprattutto nei fumatori) e una vera, più comune in soggetti più giovani.

La sintomatologia della policitemia è dovuta all’aumentata viscosità del sangue per la presenza di un numero maggiore di globuli rossi;

I disturbi più comuni sono astenia, cefalea, visione confusa, vertigini, prurito, epistassi ed emorragie gastroenteriche.

Oltre al trattamento della patologia di base nelle forme secondarie, a volte può essere necessario il ricorso al salasso terapeutico.

Malattie del sistema endocrino e del metabolismo

Le malattie endocrine e del metabolismo sono frequenti negli individui anziani, anche se non è ancora del tutto chiara la distinzione tra “malattie” endocrine dovute a patologie vere e proprie e quadri conseguenti alla fisiologica involuzione funzionale delle ghiandole.

Tra le patologie endocrine più comuni nell’età senile si annoverano le disfunzioni della tiroide (ipo e ipertiroidismo) e quelle del pancreas endocrino (ridotta tolleranza ai carboidrati, diabete mellito senile)

Ipotiroidismo

L’ipotiroidismo rappresenta la più frequente malattia tiroidea nell’anziano.

Uno stato di ipotiroidismo deve essere sempre sospettato oltre una certa età, a causa dello sviluppo insidioso che simula alcuni disturbi frequenti e tipici dell’invecchiamento (stanchezza, difficoltà di concentrazione, intolleranza al freddo, ecc.).

Spesso, anche a causa della lenta evoluzione dell’ipotiroidismo, molti di questi sintomi sono erroneamente attribuiti all’età avanzata.

Davanti ad un quadro di ipotiroidismo, si deve cercare di capire se si tratta di una forma primaria (malattia della ghiandola tiroide) o secondaria (disfunzione dell’ipofisi o dell’ipotalamo), mediante il dosaggio degli ormoni tiroidei e del TSH.

Il mancato trattamento della patologia può portare ad una forma grave di ipotiroidismo che è il coma mixedematoso.

Ipertiroidismo

L’ipertiroidismo è meno frequente nel soggetto anziano rispetto all’ipotiroidismo.

Raramente è determinato dalla presenza di morbo di Basedow, mentre prevalgono le forme di gozzo plurinodulare iperfunzionante. Il 75% dei pazienti anziani ipertiroidei presenta i sintomi classici legati all’eccesso di ormoni tiroidei (tachicardia, stanchezza, irritabilità psichica, sudorazione, diarrea, perdita di peso, insofferenza al caldo, ecc.), mentre il rimanente 25% ha un quadro più sfumato della malattia; nel complesso, prevalgono i sintomi a carico dell’apparato cardiocircolatorio.

Nell’anziano l’ipertiroidismo può manifestarsi anche in modo anomalo, con la comparsa di un senso di astenia, affaticabilità e depressione (ipertiroidismo “apatico”, soprattutto se l’anziano soffre anche di gravi malattie come ictus cerebrale, infezioni o insufficienza cardiaca), oppure con sintomi di tipo psichico, che spesso possono essere interpretati come disturbi “aspecifici” dell’età avanzata.

Noduli tiroidei

La presenza di noduli tiroidei è estremamente comune in età senile, al punto da essere considerata quasi “normale”, generalmente si tratta di noduli benigni, a lenta crescita ma la rapida crescita del nodulo, le sue caratteristiche (singolo, con microcalcificazioni, a margini irregolari, ecc.), la comparsa di sintomi (disfagia, disfonia, dispnea, ecc.) devono far sospettare la presenza di una forma tumorale.

Diabete mellito

È una patologia molto frequente nell’età avanzata, visto che circa il 20% degli individui con più di 60 anni soffre di diabete o presenta almeno una forma importante di intolleranza agli zuccheri.

Per semplificare si riconoscono due forme di diabete mellito:

Tipo I o diabete insulino-dipendente, determinato da un primitivo difetto insulinico, tipico, ma non esclusivo, del giovane

Tipo II o diabete non insulino-dipendente, prevalente nella popolazione anziana (oltre i 60 anni) e obesa, caratterizzato da diminuita sensibilità all’insulina endogena e da aumento della resistenza periferica all’insulina da parte dei tessuti.

In questa forma di diabete una dieta a scarso contenuto di carboidrati e la riduzione del peso corporeo sono molto spesso i soli provvedimenti necessari al controllo metabolico della malattia.

Nei pazienti anziani i sintomi classici del diabete (sete eccessiva, perdita di peso, nausea e vomito) sono il più delle volte assenti, mentre possono essere presenti sonnolenza, modificazioni delle funzioni mentali e della vista, ulcere alle estremità inferiori e debolezza muscolare;

Il mancato trattamento della patologia può portare al coma diabetico. Il diabete “non controllato” si associa frequentemente a complicazioni oculari, respiratorie, renali, neuropatiche, cardiovascolari e cerebrali, che possono compromettere gravemente le condizioni generali di salute e la qualità di vita del paziente.

Anche se la maggior parte dei pazienti diabetici anziani viene trattata con successo con dieta o con dieta e farmaci, in caso di fallimento diventa indispensabile iniziare una terapia “personalizzata” con insulina, con l’aiuto della famiglia.

Obesità

L’obesità rappresenta un problema abbastanza comune negli anziani. Il più delle volte è dovuta ad un’alimentazione eccessiva ed ipercalorica ed alla scarsa attività fisica (sedentarietà), anche se talvolta può essere secondaria a disordini endocrini, comportamentali, ecc.

È di interesse ricordare che l’obesità si associa spesso alle principali malattie degli anziani, come il diabete, l’ipertensione, la gotta, le malattie cardiache coronariche, per cui la sua prevenzione e cura può agire favorevolmente anche sulle altre malattie associate.

Il fabbisogno calorico in età senile è inferiore rispetto a quello delle persone più giovani, sia per il ridotto metabolismo basale che per la diminuita attività fisica.

I soggetti di età superiore ai 50 anni dovrebbero assumere un massimo di 2400 Kcal al giorno (se maschi) e 1800 Kcal (se femmine), quantità calorica che si dovrebbe ridurre di un altro 15% nei soggetti oltre i 70 anni.

L’apporto alimentare dell’anziano diminuisce solo di poco con l’avanzare dell’età negli individui in buona salute, bisogna tenere conto che questo si riduce fortemente nei pazienti colpiti da malattie invalidanti.

Alcuni soggetti sono più esposti al rischio di avere un apporto dietetico insufficiente:

Gli anziani che sono socialmente isolati, particolarmente persone molto vecchie che vivono da sole

Gli anziani affetti da malattie fisiche, per la difficoltà a preparare il cibo o a deglutirlo (oltre al fatto che l’immobilità tende a diminuire l’appetito)

Gli anziani con problemi sensoriali (vista, udito, gusto, olfatto)

Gli anziani colpiti da un lutto: la sofferenza porta ad una perdita di appetito (se questa persiste, si può arrivare a uno squilibrio nutritivo in quegli anziani che già si nutrivano in modo inadeguato)

Gli anziani che soffrono di disturbi mentali

Le necessità nutritive sono in stretto rapporto con la quantità di energia che viene consumata; nell’anziano il dispendio di energia tende a decrescere per una serie di fattori. La riduzione dell’attività fisica, una scarsa inclinazione a dedicarsi ad attività ricreative che richiedono un certo impegno fisico portano spesso ad una progressiva riduzione del dispendio energetico.

Carenza di calcio

Negli anziani una carenza di calcio deve essere valutata e corretta rapidamente, soprattutto in quei soggetti debilitati con osteoporosi e costretti a stare a letto; l’osso osteoporotico espone il paziente anziano ad un rischio elevato di fratture spontanee, che rappresentano spesso un momento di serio aggravamento delle condizioni generali di salute del paziente.

Carenza di ferro

La carenza di ferro è abbastanza frequente negli anziani, soprattutto in quelli ammalati e con scarso reddito. La carenza alimentare è un problema reale poiché la carne, che contiene notoriamente molto ferro, è un alimento costoso e molte persone anziane non possono permettersi di assumerla in modo adeguato.

Per ovviare a questo limite economico, bisogna consigliare agli anziani di mangiare cibi meno costosi ma ricchi di ferro, come i fagioli, gli spinaci, le lenticchie, i piselli, l’uva e i cereali.

Caratteristiche fondamentali della cute senile sono la secchezza, l’accentuata desquamazione, la diminuzione dello spessore associata a perdita dell’elasticità il tutto anche dovuto ad alterazione del derma ed l’ipoderma.

Nella senescenza tutti gli annessi entrano in una fase regressiva.

Alterazioni cutanee tipiche dell’anziano

La cute del soggetto anziano si caratterizza per la comparsa di alterazioni:

Discromie: dovute alla modificazione nella distribuzione del pigmento, soprattutto nelle sedi maggiormente esposte.

Lentigo senili: chiazzette piane, rotondeggianti, grigiobrunastre, localizzate per lo più sul volto, collo, dorso delle mani, avambracci; queste lesioni cutanee non destano alcuna preoccupazione e non richiedono trattamento.

Porpora senile: si presenta con chiazze rotondeggianti di 1-2 cm di diametro, rossobluastre o rosso mattone, generalmente localizzate agli avambracci o sulle mani, dove la cute è estremamente sottile ed atrofica; queste lesioni durano, generalmente, 7-15 giorni e scompaiono spontaneamente, assumendo progressivamente un colore bruno-giallastro.

Il prurito senile è un disturbo frequente, intenso, tenace, specie notturno e di lunga durata. Nella maggior parte dei casi si ritiene che la stessa secchezza della cute possa esserne la causa, anche se il prurito senile può talvolta comparire a seguito di intossicazioni, allergie, malattie neoplastiche.

Precancerosi e tumori della cute La cheratosi senile e la lentigo maligna sono due patologie della cute, più frequenti nell’anziano, che predispongono all’insorgenza di neoplasie.

Nella cheratosi senile la cute si presenta spessa, brunastra, rilevata, talora ulcerata (segno incipiente di degenerazione), mentre la lentigo maligna si manifesta con una chiazza pigmentata, bruno-nerastra, a limiti netti, con tendenza all’estensione. Anche se può persistere per anni, con tendenza ad attenuarsi, talvolta può anche trasformarsi in nevo-carcinoma.

I tumori cutanei si manifestano generalmente in età senile, soprattutto in soggetti abitualmente esposti alla luce solare (vecchi contadini, pescatori, marinai, ecc.).

Il basalioma (epitelioma basocellulare) è la lesione più frequente e si manifesta come un’erosione sul volto in aree di cute sana o in presenza di cheratosi senile (spesso in corrispondenza del punto di contatto degli occhiali). Generalmente questo tumore non dà metastasi ma, se non trattato, tende ad invadere e distruggere i tessuti sottostanti.

Lo spinalioma (epitelioma spinocellulare) compare in genere sulla cute esposta o sulle mucose, evolve in forma ulcerativa o proliferativa e può dare metastasi.

Il melanoma, in genere con l’aspetto di maculo-papula nerastra o bruna, irregolare, tendente all’estensione progressiva. Questo tumore, che si caratterizza per dare precocemente metastasi in vari organi e distretti, ha un’evoluzione rapidamente letale.

Altre patologie della cute dell’anziano

La cute può essere sede di molte malattie sistemiche di varia gravità, che nell’anziano possono provocare degli aspetti caratteristici.

Sono frequenti le dermatiti da tossici, da farmaci (per l’uso più frequente in questa età) o da cause dismetaboliche. Le forme allergiche, che possono manifestarsi come eczemi, orticaria o dermatite da contatto, impongono la ricerca dell’agente scatenante, che può essere un indumento, un detergente, ma anche un farmaco assunto da molti anni.

Frequente nell’età senile è anche la patologia delle pieghe (intertrigine), che compare a carico degli inguini, delle ascelle, delle pieghe interglutee e sottomammarie, per lo più in condizioni di abbondante sudorazione o scarsa igiene. Queste lesioni, frequenti in pazienti diabetici, sono generalmente causate da infezioni streptococciche, stafilococciche o da candida.

Piaghe da decubito

Le piaghe da decubito, pur potendosi presentare a qualsiasi età, sono un problema frequente nell’anziano, perché strettamente legate all’immobilità. Un individuo, che non è immobilizzato, può restare a letto per molto tempo senza che si manifestino piaghe da decubito, potendo cambiare la sua posizione molte volte ogni ora.

La prolungata immobilizzazione a letto può provocare una piaga da decubito, la cui rapidità di evoluzione dipende da:

Integrità della irrorazione sanguigna nelle aree interessate

Stato generale di salute del paziente

Le cause più frequenti delle piaghe da decubito sono: compressioni – sfregamenti – presenza di feci, urine, sudore, corpi estranei disinfettanti liquidi o in polvere

I pazienti con maggior grado di immobilità (comatosi, ingessati, cachettici in fase terminale) e quelli con diabete mellito hanno un rischio maggiore di sviluppare una piaga da decubito.

La piaga da decubito si manifesta inizialmente con un eritema, cui fa seguito la necrosi superficiale della pelle e quindi quella dei tessuti profondi, con apertura della piaga fino al tessuto muscolare ed osseo.

Le zone più frequentemente interessate sono la regione sacrale, i calcagni e le regioni sovratrocanteriche.

La prevenzione prevede:

Cambio frequente della posizione

Uso di materassini anti-decubito

Pulizia accurata del paziente a letto

Mobilizzazione del paziente non appena possibile

Uso di cuscini posti correttamente sotto le gambe per evitare posizioni viziate e scorrette

Anche se con notevoli differenze individuali, nell’anziano è quasi costante un lento e progressivo declino delle capacità mentali, della creatività e della memoria, un rallentamento della risposta psicomotoria, una riduzione della forza muscolare e dell’acutezza sensoriale ed una perdita della fine coordinazione motoria.

Le malattie del sistema nervoso sono seconde solo a quelle del sistema locomotore come causa di inabilità e di emarginazione sociale; è possibile ridurre l’incidenza delle malattie ischemiche ed emorragiche cerebrali con un buon controllo della pressione arteriosa durante l’età adulta.

Incidenza delle principali malattie neurologiche

I disturbi neurologici più frequenti nella popolazione anziana sono le malattie cerebrovascolari acute, quali Ictus e TIA (attacchi ischemici transitori), le demenze ed il parkinsonismo.

Le malattie cerebrovascolari sono tra le prime cause di morte, con un’incidenza strettamente correlata all’età (rare fino ai 50 anni, aumentano progressivamente nelle decadi successive).

Ictus

L’ictus cerebrale si manifesta con la comparsa improvvisa di deficit neurologici focali, dovuti ad un’interruzione del flusso sanguigno con conseguente ischemia e infarto nei tessuti a valle della lesione.

I segni più frequenti sono:

Alterazioni dello stato di coscienza

Asimmetria del volto (paralisi facciale)

Deviazione di capo ed occhi verso il lato sano

Deviazione della lingua verso destra o sinistra (verso il lato sano)

Emiparesi (perdita parziale della funzione motoria) o emiplegia (perdita completa della funzione motoria) destra o sinistra

Disturbi del linguaggio (deficit nell’articolazione delle parole, perdita completa o parziale della capacità di esprimersi)

Gli ictus sono causati essenzialmente da tre processi che, in ordine di frequenza, sono trombosi (34%), embolia (31%), emorragia (16%).

Gli episodi trombotici avvengono spesso di notte e il paziente, che il più delle volte ha una storia di TIA, se ne rende conto solo al risveglio.

Fra i tanti meccanismi che possono causare l’evento trombotico, il più frequente nell’anziano è rappresentato dalla diminuzione della perfusione sanguigna, causata da ipotensione o da aritmia.

L’ictus di tipo embolico è un evento a insorgenza rapidissima, soprattutto se l’origine è cardiaca. Il paziente può presentare una storia di embolie sistemiche e fibrillazione atriale, o un infarto cardiaco recente. Gli emboli possono originare da siti ben precisi all’interno di vasi arteriosi (ad es. una placca ulcerata della carotide può causare ripetuti TIA che precedono l’ictus completo).

L’ictus emorragico può essere intracerebrale, oppure originare dalla rottura di un aneurisma o da una malformazione arterovenosa; l’emorragia può avere comparsa rapida e completa o essere lentamente progressiva.

L’ipertensione arteriosa, le cardiopatie (fibrillazione atriale, infarto e valvulopatie), l’iperlipidemia, il diabete, l’obesità, la sedentarietà e il fumo sono i più importanti fattori di rischio per tutti i tipi di ictus.

Una volta instauratosi il danno vascolare non esiste terapia che possa riparare in modo completo il deficit neurologico, per cui gli scopi del trattamento sono rivolti a prevenire ulteriori attacchi ischemici, evitare le varie complicanze ed accentuare al massimo il livello di adattamento funzionale acquisito con la riabilitazione.

Oltre all’elevata mortalità, l’ictus ha conseguenze sull’autonomia o autosufficienza dei pazienti. Infatti, circa il 40% dei soggetti che sopravvive ad un ictus avrà un’invalidità lieve, mentre il 15 – 20 % manifesterà stabilmente, a distanza dall’evento acuto, un’invalidità grave, tale da essere totalmente dipendente dagli altri per le attività anche più comuni della vita quotidiana;

E’ fondamentale che la riabilitazione inizi il più presto possibile, cioè dopo una o due settimane dall’inizio del ricovero in ospedale.

Attacchi ischemici transitori (TIA)

Viene definito attacco ischemico transitorio (TIA) un episodio repentino di ischemia cerebrale, che determina la comparsa di segni neurologici focali (destinati a scomparire completamente entro le 24 ore).

La causa più frequente dei TIA è la stenosi della carotide nella sua porzione extracranica, ma anche emboli di origine cardiaca o crisi ipotensive possono essere responsabili.

Perdita di coscienza, confusione, senso di debolezza ad entrambe le gambe e vertigini sono sintomi che spesso suggeriscono un TIA, anche se si deve tenere presente che possono essere riconducibili anche ad altre cause.

Demenza e stati confusionali

Si definisce demenza un deterioramento mentale cronico, progressivo e ingravescente, ad insorgenza insidiosa, che compromette la memoria, il giudizio e la capacità di gestire le attività della vita quotidiana.

La prevalenza e l’incidenza della demenza senile sono età dipendenti, raggiungendo i valori più elevati tra la sesta e l’ottava decade di vita.

Le cause più frequenti di demenza sono la malattia di Alzheimer, la demenza multi-infartuale e il morbo di Parkinson.

La demenza senile e la malattia di Alzheimer rappresentano circa la metà di tutte le demenze croniche; queste due forme si differenziano tra loro con una certa difficoltà, anche se la dissociazione tra l’integrità del comportamento sociale (vita di relazione) e il deterioramento del raziocinio devono far pensare più alla malattia di Alzheimer che alla demenza senile.

I primi a notare i cambiamenti nella persona che si avvia alla demenza sono solitamente i familiari e gli amici. I disturbi iniziali includono le amnesie, la perdita di iniziativa, la difficoltà di concentrazione, la diminuzione della capacità di giudizio, la difficoltà di calcolo e la riduzione delle capacità verbali, oltre a labilità emozionale, disorientamento e paranoia.

Nelle ultime fasi della malattia il paziente passa ad un’esistenza vegetativa, a causa della totale limitazione della motilità e della riduzione della coscienza, e non è più in grado di provvedere a se stesso.

Parkinsonismo

Circa l’1% dei soggetti con più di 60 anni mostra qualche segno di questa condizione, che si caratterizza per la presenza di tremore, rigidità muscolare, povertà e lentezza di movimenti volontari.

Occorre precisare che la malattia di Parkinson è ad eziologia ignota mentre il parkinsonismo riconosce eziologia precisa (encefalitica, tossica, arteriosclerotica, neoplastica) la prima insorge verso l’età di 50 anni la seconda almeno 10 anni più tardi; essendo simili le due sintomatologie, sebbene con età di insorgenza diversa, parleremo comunemente di Parkinson.

Gli aspetti più comuni del Parkinson nell’anziano sono i disturbi dell’equilibrio, una modica rigidità, e spesso una storia di frequenti cadute a terra. Il tipico tremore del tipo “contar monete” è presente a riposo, si attenua temporaneamente nel movimento volontario e scompare generalmente durante il sonno. Quando la malattia progredisce, il tremore può arrivare a coinvolgere tutti gli arti, la testa e il collo. Rigidità muscolare e lentezza nell’iniziare i movimenti sono i sintomi più penosi per il paziente, che si accorge di essere sempre meno autosufficiente e vede la sua attività quotidiana ridursi sempre di più.

Con l’avanzare della malattia si possono notare scrittura piccola e imprecisa, voce roca e debole, postura distorta, atteggiamento incurvato in avanti della persona, difficoltà a camminare e compromissione dell’equilibrio.

Il trattamento del paziente parkinsoniano deve prevedere anche una fisioterapia per ridurre la rigidità muscolare e migliorare la capacità di deambulazione.

Depressione

La depressione dell’anziano assume spesso, forse nella quasi totalità dei casi, la tonalità della melanconia, con ritiro pressoché completo dalla vita sociale e con la tendenza all’abbandono di sé, alla mancanza di cure per il proprio corpo ed al ripiegamento nella propria solitudine, senza speranza e senza iniziativa verbale e motoria.

Più che le modificazioni anatomiche o biochimiche cerebrali, spesso sono le malattie, i lutti e il deterioramento delle relazioni sociali a esercitare una maggiore influenza sulla gravità della sindrome.

Il dolore e la privazione causati da una malattia cronica sono spesso sufficienti di per sé a creare uno stato depressivo.

Numerose sono le condizioni di stress sociale che possono contribuire all’insorgenza di una sindrome depressiva.

Oltre agli eventi luttuosi, possono concorrervi fattori (meno drammatici) di solitudine e isolamento, quali il matrimonio o il trasferimento dei figli per lavoro, oppure il cambiamento di casa in un quartiere estraneo.

Anche il pensionamento può rappresentare un fattore di stress, dovuto all’impropria perdita dei compagni di lavoro, alla riduzione delle entrate economiche, alla perdita di interesse.

Assistenza sociale dell’anziano affetto da disturbi psico-affettivi

Quando si parla di assistenza agli anziani ci si riferisce a quell’insieme di interventi di aiuto domestico, igienico-sanitario e socio-psicologico, rivolto a persone non necessariamente affette da patologie invalidanti.

Risulta infatti più frequente, tra gli anziani, la condizione di solitudine sociale e psicologica, piuttosto che quella di malattia conclamata.

Occorre quindi sfatare alcuni pregiudizi che vedono nella vecchiaia uno stato di malattia, dando invece importanza alla centralità del sistema relazionale primario (famiglia) e amicale, questo circuito di rapporti è di fondamentale importanza nel mantenere una buona qualità di vita.

In generale, i tumori maligni nell’anziano hanno una tendenza a crescere più lentamente e a rendersi manifesti solo ad uno stadio avanzato di sviluppo, quando ormai è già presente una diffusione a distanza (metastasi).

La cura dell’anziano affetto da tumore costituisce un capitolo di importanza sempre maggiore nell’ambito dell’assistenza sanitaria, vuoi per le specifiche necessità che presenta un malato neoplastico, vuoi per l’alta prevalenza dei tumori, che nel mondo occidentale sono ormai responsabili di un decesso su quattro.

Tumori gastro-intestinali

Questi tumori sono molto frequenti negli anziani (circa il 10% di tutte le morti in soggetti in età avanzata).

I tumori maligni colpiscono il colon, che rappresenta le sede più frequente, lo stomaco, il pancreas, il fegato e l’esofago; il cancro al colon aumenta progressivamente di frequenza con il passare degli anni ed è più comune nei maschi.

Tutti i malati anziani che manifestano inappetenza, profonda astenia, stipsi cronica, calo ponderale, dovrebbero essere valutati a fondo al fine di evidenziare un eventuale tumore del tratto digerente.

Un segno assai indicativo e sospetto è rappresentato dalla presenza di sangue occulto nelle feci, anche se questo può dipendere da numerose altre cause non tumorali (emorroidi, ragadi anali, ecc.).

Talvolta il tumore del grosso intestino può esordire bruscamente sotto forma di occlusione intestinale acuta, anche se è più frequente il riscontro di un graduale deterioramento delle condizioni generali associato a stipsi e/o diarrea.

Il trattamento del tumore maligno gastrointestinale è chirurgico ed anche in alcune forme particolarmente avanzate l’intervento può essere indicato a scopo palliativo per prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita (particolarmente importante in alcune forme tumorali occlusive dell’intestino e dell’esofago).

Carcinoma polmonare

Il tumore polmonare, assai frequente tra i forti fumatori (per cui esiste un rapporto chiaro tra causa ed effetto), ha la massima incidenza nella popolazione di età superiore ai 70 anni, per la quale rappresenta la prima causa di morte per neoplasia (nel sesso maschile).

L’incidenza di questo tumore nelle donne ultra 70 enni ha mostrato un forte incremento negli ultimi decenni, raggiungendo quasi la stessa incidenza dei tumori intestinali (secondo solo al tumore maligno della mammella).

La bassa sopravvivenza a cinque anni (5-15%) indica che la maggior parte dei casi è già inoperabile o incurabile al momento della diagnosi. Questo vale soprattutto per una forma istologica ad elevata malignità, il microcitoma.

Al contrario, altre forme si manifestano clinicamente in una fase relativamente precoce e possono essere curate in modo più radicale.

Una polmonite persistente o recidivante, una difficoltà respiratoria, un malessere generale, un calo ponderale non spiegabile da una riduzione dell’apporto alimentare sono comuni, anche se vengono spesso sottovalutati e attribuiti all’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento.

Carcinoma della prostata

Il cancro della prostata è in molti Paesi la prima o seconda neoplasia maligna nel sesso maschile. La diagnosi precoce del carcinoma prostatico, resa oggi possibile con l’uso di marker tumorali (come ad esempio il PSA, o antigene prostatico specifico) sembra in grado di consentire guarigioni definitive.

Nel cancro della prostata oltre alle terapie tradizionali, è indicata la terapia ormonale, dal momento che l’85% di questi tumori è ormono-dipendente e che queste terapie, se iniziate prima che compaiano le metastasi, hanno una buona efficacia.

Tumori dell’apparato genitale femminile

Anche questi tumori aumentano con l’avanzare dell’età, specialmente dopo la quarta decade.

In generale, le lesioni benigne compaiono più comunemente nella donna prima della menopausa, mentre in età senile si osserva un aumento delle forme maligne (tumori a carico di collo dell’utero, endometrio, ovaio).

I tumori della cervice, se individuati in fase precoce, sono suscettibili di trattamenti conservativi, anche se dopo la menopausa si preferisce ricorrere all’isterectomia, data la bassa morbilità dell’intervento.

La donna in menopausa, che presenta perdite ematiche dai genitali, è ad alto rischio per quanto riguarda il carcinoma dell’endometrio; una menopausa tardiva (dopo i 50 anni) raddoppia il rischio di insorgenza di un carcinoma endometriale.

Anche la patologia tumorale dell’ovaio è frequente, tanto da rappresentare la quarta causa di morte per cancro nelle donne di età compresa tra i 65 e i 75 anni. La prevenzione dei tumori dell’apparato genitale femminile inizia prima della menopausa e si fonda su programmi periodici di screening clinico e di laboratorio (PAP-test).

Carcinoma mammario

Anche per quanto riguarda la mammella, la patologia benigna compare più frequentemente nella donna prima della menopausa, mentre nella donna dopo la menopausa è più probabile trovarsi di fronte ad una forma di tipo tumorale.

La paziente riferisce comunemente la presenza di un nodulo o di una massa mammaria, che raramente si associa a dolore; spesso è presente una retrazione del capezzolo e della pelle, con infossamenti, pelle a buccia di arancia, ulcerazioni.

Il tumore maligno della mammella spesso progredisce molto lentamente nella vecchiaia; le metastasi ossee sono comuni e possono determinare ipercalcemia e fratture.

Leucemia linfatica cronica

È la forma più comune di leucemia cronica nell’anziano, legata a trasformazione neoplastica dello serie linfoide monoclonale della linea B e raramente di quella T, con decorso benigno per diversi anni. I pazienti possono essere a lungo asintomatici, sino alla comparsa di una complicanza di tipo infettivo (che può essere il primo segno della malattia).

La leucemia linfatica cronica è in genere caratterizzata da una lentissima progressione e non richiede quasi mai un trattamento in età avanzata; la sopravvivenza media è superiore a 9 anni, se al momento della diagnosi non è presente alcun sintomo.

Il trattamento chemioterapico si rende necessario solo nei pazienti sintomatici (con infezioni ricorrenti, specie se localizzate a livello respiratorio) e con malattia attiva.

Mieloma multiplo

È una forma proliferativa delle immunoglobuline frequente nell’anziano, che si associa a dolori ossei diffusi, ad un’aumentata suscettibilità alle infezioni e ad anemia, insufficienza renale, ecc.

Un miglioramento delle condizioni generali si ottiene con trattamenti chemioterapici e radioterapici delle lesioni ossee dolorose

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